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Figlio adottato molto piccolo. Crescita senza apparenti problematiche, poco incline alla scuola e alla prosecuzione di attività sportive-ricreative da lui scelte. É stato molto amato, incoraggiato verso le relazioni sociali e i doveri. Credo di essermi occupata molto di lui (dico credo perchè il mio lavoro mi ha impegnata molto anche se il primo interesse era per lui),  mi sono avvalsa di una collaboratrice domestica che potesse seguirlo mentre lavoravo. Ma la sera sempre insieme, in particolare io e lui perchè il mio ex marito rientrava spesso tardi, oltre il suo orario di lavoro;  quando si trovavano insieme il padre gli riservava attenzioni e soprattutto giocava molto con lui. All'età di 13 anni ha vissuto la separazione di noi genitori, successivamente ha frequentato poco il padre per motivi più nostri (di noi genitori) che suoi.

Mio figlio ed io abbiamo continuato a vivere insieme, non è mancato da parte mia il buon esempio nell'affrontare il quotidiano e il lavoro con responsabilità; ho anche svolto mio malgrado il ruolo di "padre"un pò autoritario quando all'età di15-16 anni evadeva la scuola o combinava ragazzate con coetanei (piccoli furti, uso di cannabis, ecc). E' qui che ho cominciato a non farcela più da sola e abbandonata la rabbia della separazione ho invocato l'aiuto di suo padre che ha iniziato  a partecipare ai problemi e a sostenermi. Nel frattempo il ragazzo è stato bocciato per due volte alle superiori quindi ha iniziato a lavorare a 18 anni fuori zona; ha convissuto con una ragazza molto inquadrata nel lavoro ma lui non ha mai portato a termine le opportunità che gli si presentavano.Riconosco che la mia frustrazione era quella di vederlo "tirare avanti"  e a differenza di tanti altri ragazzi lo vedevo poco compliante al lavoro e di poca iniziativa. I guai commessi a livello sociale li ho sempre tenuti nascosti alla mia famiglia di origine, persone semplici, oneste e soprattutto gran lavoratori: avevo paura del loro giudizio che era comunque anche il mio. Nonostante non fossero successe rotture tra noi e avessi condiviso molte sue scelte, lui ha pensato di chiudere i contatti con me  non rispondendo per mesi alle mie telefonate ed sms. Sono stata molto male in quel periodo, gli ho scritto  lettere manifestando il mio affetto nei suoi confronti, cercando di non essere intrusiva; ho anche letto molto sulle problematiche adolescenziali e mi rincuoravo quando in più parti emergeva che gli adolescenti per raggiungere la loro indipendenza "tagliano brutalmente" con le persone che più amano fino a "uccidere metaforicamente" la loro madre. Questo star male induceva in me confusione e atteggiamenti ambivalenti nei suoi confronti: è qui che ho iniziato a frequentare il gruppo "genitori insieme" perchè avevo bisogno di parlare con persone che potessero ricevere quelle preoccupazioni che non potevo condividere con amici, anziani madri o sorelle.

Successivamente ha perso il lavoro come pure la ragazza che ultimamente gli aveva mentito affettivamente; è caduto in un marasma al punto che con suo padre siamo andati a prelevarlo per farlo rientrare a casa, la mia. É stato con me circa 2 anni, rispettoso e disponibile nei primi tempi poi irascibile, aggressivo e spadroneggiante; fumava, dormiva e usciva con gli amici mentre io lavoravo sodo. Corsi e lavori non portati a termine, gli abbiamo tagliato completamente i soldi. Non tolleravo più questa situazione: da una parte volevo cacciarlo da casa mia,dall'altra mi pareva come madre di esagerare troppo. Continuando a frequentare il gruppo alcuni mesi fa ho acquisito la forza di mandare il ragazzo a vivere da suo padre togliendogli le chiavi. Dopo una iniziale ritrosia del mio ex marito che affermava di non poterlo ospitare per problemi di spazio, lo stesso padre si è fatto totalmente carico del ragazzo chiarendo bene i ruoli. Questo poteva essere, ed è stato, l'inizio della sua indipendenza in quanto il ragazzo ha diradato molto la presenza dal padre per fermarsi definitivamente a casa di un amico. Non ha un lavoro remunerativo ma occasioni temporanee che gli consentono di "tirare avanti". Non so come sarà il suo futuro ma io, che continuo a frequentare il gruppo sto meglio perchè ho acquisito più distacco emotivo dalla quella condizione di vita che lui ha scelto, le cui difficoltà spero gli diano la consapevolezza di dover rientrare in canoni più regolari